L’ho letto un po’ per caso, come ripiego in mancanza di nuovi libri di mia scelta, ma mi sono appassionata immediatamente, e non l’ho mollato fino all’ultima pagina.
Isola di Run, circa 3 chilometri quadrati di terra, la più piccola dell’arcipelago delle isole Banda, e la più preziosa. Solo alle isole Banda infatti, ed in particolare a Run, cresce l’albero della noce moscata, che in passato si credeva rimedio per mille mali e dal valore economico altissimo. Tutto ruota intorno a quel seme tondo, rinsecchito e profumatissimo che noi grattugiamo nel puré, ignari di quanto c'è voluto nell'antichità per procurarselo, in termini di fatica, denaro e vite umane.
Il libro racconta in modo coinvolgente le storie ed i personaggi che negli anni del mercantilismo hanno rischiato la pelle (e spesso ce l’hanno lasciata) nel tentativo di impossessarsi della noce moscata e commerciarla.
Navigatori coraggiosi, spietati pirati, spregiudicati mercanti, tagliagole, avventurieri e assassini sono i protagonisti di questa storia avvincente. Molto di loro sono assai famosi: Magellano, che scoprì il passaggio ad Ovest, gli dette in proprio nome e attraversò coraggiosamente il Pacifico, che era leggermente più ampio del previsto, sopportando la fame, la sete, le malattie e i propri marinai incazzati come bisce (infatti il poveretto alla fine morì tragicamente, ma Pigafetta sopravvisse e tornò in Europa per raccontarci l'impresa).
Oppure Hudson, quello che ha dato il nome alla baia e al fiume: costui era un ribelle, davvero sprezzante di ogni rischio ma soprattutto di ogni ordine. Era deciso a scoprire il passaggio a Nord-Ovest, quello tanto favoleggiato che avrebbe permesso di raggiungere l'Oceano Indiano passando da sopra, ovvero dall'Artico. La prima volta fece morire praticamente tutto il suo equipaggio tra i ghiacci della Russia. La seconda volta raggiunse l'America del Nord ed esplorò il fiume Hudson per conto degli Olandesi, convinto che sbucasse dall'altra parte del continente. Ma alla fine tornò indietro e strinse rapporti con gli indigeni dell'isola di Manhattan.
Infine menzione d’onore al capitano William Keeney, che durante i lunghi viaggi in mare faceva recitare Sheakspeare all'equipaggio, che diventò così bravo che tenne diversi spettacoli nelle tappe intermedie dei viaggi.
Oppure Hudson, quello che ha dato il nome alla baia e al fiume: costui era un ribelle, davvero sprezzante di ogni rischio ma soprattutto di ogni ordine. Era deciso a scoprire il passaggio a Nord-Ovest, quello tanto favoleggiato che avrebbe permesso di raggiungere l'Oceano Indiano passando da sopra, ovvero dall'Artico. La prima volta fece morire praticamente tutto il suo equipaggio tra i ghiacci della Russia. La seconda volta raggiunse l'America del Nord ed esplorò il fiume Hudson per conto degli Olandesi, convinto che sbucasse dall'altra parte del continente. Ma alla fine tornò indietro e strinse rapporti con gli indigeni dell'isola di Manhattan.
Infine menzione d’onore al capitano William Keeney, che durante i lunghi viaggi in mare faceva recitare Sheakspeare all'equipaggio, che diventò così bravo che tenne diversi spettacoli nelle tappe intermedie dei viaggi.
Al centro delle vicende la lotta durata secoli tra l’Inghilterra e gli altri imperi coloniali europei (Portogallo prima, Olanda poi, per la conquista ed il controllo delle isole Banda, culminata con l’eroica quanto vana difesa di Nathaniel Courthope, l’ultimo inglese rimasto a difendere le isolette in nome della sua regina dalle grinfie di Ian Coen, giovane ma risoluto olandese dai ferrei principi religiosi e dalla rigida morale, ma anche spietato, irascibile e vendicativo.
Davvero una bella lettura che mi ha coinvolto e appassionato, un libro di storia che si legge come un romanzo, una finestra su un periodo storico molto affascinante, di cui Giles Milton è riuscito a trasmettere il senso di avventura e di rischio ed il coraggio dei protagonisti.
L’isola della Noce Moscata
Giles Milton
Rizzoli, 1999
3 commenti:
(allora lo ha proprio riesumato, questo tuo blog di recensioni libresche! Hai fatto bene!)
Questa tua segnalazione mi incuriosisce molto. Per me la noce moscata è un ingrediente fondamentale di molte preparazioni tipiche della cucina di famiglia, ad esempio la frittata, i passatelli, il ripieno dei tortellini (che ormai non mangio da oltre 20 anni... ma il ricordo resta!). Non immaginavo neppure lontanamente che dietro questa pallina innocente e speziata ci fosse una storia così drammatica e avvincente.
questo libro mi ispira, magari lo leggo! Ciao!
curioso questo libro
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